sabato 10 maggio 2014

ebbi a scrivere 1



Per chi fosse interessato a sentire la mia su questioni e temi di qualche tempo fa, apro l'archivio...

Torej, če koga zanima kaj sem svoj čas pisal in sporočal naj klikne.
Začnimo z odprtimi pismi zadnjih dveh let...

Qualche lettera aperta degli ultimi due anni...






Kaj sem si mislil o poskusih podrejanja medijev določenim ne nujno javnim interesom tudi v lokalnem prostoru...

24.06.2013 - objavljen komentar "Zgledi vlečejo"




Ko je bil Gregor Virant še predsednik Državnega zbora in v koaliciji, ki je suportirala zadnjo vlado Janeza Janše, tam proti koncu 2012, si je dovolil arbitrirat pri neki opozicijski referendumski pobudi ("državni Holding" in "slaba Banka") tako da jo je onemogočil.


2.10.2012 - objavljen komentar "Virantova vojna"




Kot sodelavec Čezmejnega Tehničnega Omizja o uplinjevalnikih zemeljskega plina v Tržaškem zalivu sem prispeval k ozaveščanju javnosti tako pri nas kot v soseščini o posledicah in nevarnostih postavitve tvrstnih terminalov na okolje in varnost ljudi.

Ecco, parecchio abbiamo detto e scritto, e con cio' contribuito ad una svolta di opinione, soprattutto a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia, circa l'utilita' e l'affidabilita' dei rigassificatori di GNL nel Golfo di Trieste...


20.04.2012 - objavljeno poročilo "Plinski terminali prispeli v Zagreb"

20.12.2012 - intervento ad un incontro a Trieste sul tema rigassificatori
28.12.2012 - riflessione sul ruolo della Slovenia rispetto ai rigassificatori
16.10.2013 - objavljen komentar o nadaljevanju zgodbe uplinjevalnikov


E infine un articolo sulla rivista Il Caosmanagement nell'agosto 2012

Cresce il no ai rigassificatori nel golfo di Trieste 
di Aurelio Juri

Il gas metano lo conosciamo tutti. Lo si usa in cucina, nel riscaldamento, muove automobili e industrie. Dai luoghi in cui si estrae lo si fa giungere ai mercati di fruizione tramite gasdotto, oppure con apposite navi. L' opzione metaniere o gasiere, così si chiamano, comporta nel porto di carico la liquefazione del gas con un processo di congelamento detto criogenico, ovvero a meno 161 gradi, che ne riduce il volume di 600 volte e ne consente il trasporto. Così mutato assume il nome di GNL, ovvero Gas naturale liquefatto. Arrivato a destinazione subisce il processo inverso e, ritornato aeriforme, viene immesso nelle condotte della rete di distribuzione. Diciamo subito che è il combustibile fossile più rispettoso dell' ambiente. Produce l' 80% in meno di emissioni nocive nell' atmosfera ed è quindi un'alternativa importante nella lotta all'effetto serra e agli altri grossi problemi ambientali che il mondo soffre.
Quindi un deciso SI all'uso del metano che si converte però in un NO altrettanto convinto nel momento in cui, coi suoi processi di trasformazione e trasporto, assurge a minaccia, tanto per l'ambiente stesso che vuole proteggere, quanto per le popolazioni che vuole riscaldare e far muovere. Manipolarlo, scongelarlo e riportarlo gas non è cosa da poco. E' un processo ad alto rischio per cui nelle realtà a maggior sviluppo, coscienza ed esperienza lo tengono lontano dalle zone abitate e ambientalmente fragili.
Di impianti di conversione del metano da liquido in gas - i rifassificatori, se ne conoscono diversi tipi, la rigassificazione avviene comunque, nelle tecnologie più frequenti, riscaldando il GNL con l' acqua di mare.
Lo si fa in strutture fisse collocate sulla costa, laddove le gasiere possono approdare, oppure al largo, in mare aperto. Dal punto di vista della sicurezza è la seconda - l'opzione off shore, quella a minor rischio e impatto ambientale. Ma quando si vuole portare un rigassificatore in un bacino densamente popolato e con poco ricambio d'acqua il discorso cambia e l'intenzione rasenta il crimine.
E' il caso del Golfo di Trieste dove due multinazionali spagnole, la Gas Natural e l'Endesa, si son messe in testa di impiantare ognuna il proprio terminal. La prima nella località di Zaule, nella baia di Muggia, ad un tiro di schioppo dalla zona residenziale di Servola, dalla ferriera e dal porto di Trieste, la seconda in mezzo all'omonimo golfo, a qualche centinaio di metri dal confine con la Slovenia.
Entrambi i progetti – ma topico della discussione in corso è l'on shore di Zaule che in termini di formalità su carta è quello nella fase più avanzata e quindi prossima alla realizzazione - godono del sostegno sia del governo italiano che della Regione Friuli Venezia Giulia, mentre ad opporvisi sono i comuni interessati - Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle specie per quanto riguarda il sito di Zaule che appartiene, si, a Trieste, ma incide direttamente anche sui due dirimpettai, poi le organizzazioni ambientaliste, prima fra tutte Alpe Adria Green che non smette di avvertire e dimostrare come la documentazione progettuale sia carente, incongruente e forviante, nonchè la Slovenia il cui territorio rientra così pure nel perimetro a rischio, espressamente il comune di Capodistria e l'intero mare sloveno che del golfo di Trieste ne è una piccola parte.
I sostenitori si richiamano all'indispensabilità di potenziare e diversificare i canali di approvvigionamento di metano nonchè  alle nuove opportunità occupazionali e di sviluppo del territorio che i rigassificatori produrrebbero. Quanto ai rischi - dicono - le nuove tecnologie e l'alta professionalità nella gestione degli impianti, li rendono irrisori. 
Se ne seppe, dell'idea di impiantare i due terminal, circa sette anni fa, e le prime perplessità e paure mosse dagli ambientalisti indussero ad occuparsene anche il parlamento sloveno. Interpellate le migliori menti reperite in casa, Istituto »Jožef Štefan« in testa, circa i rischi di quanto si stava progettando oltre confine per l'ambiente e la sicurezza del territorio nazionale e incassato un quadro disastroso, la Camera di stato incaricò il governo di far valere presso quello italiano le ragioni del NO sloveno nella valutazione di impatto ambientale transfrontaliero. Un'iter, quello del VIA transfrontaliero, per altro previsto in questi casi da una serie di convezioni internazionali e direttive europee. Si aprì un negoziato che però risultò da parte italiana più di cortesia che altro. Per il ministro dell'ambiente dell'epoca, signora Prestigiacomo, Zaule andava avanti comunque. Ma accettando di sentire le ragioni slovene, il governo Berlusconi smussò i toni della vertenza e Lubiana sul caso allentò la morsa, rinunciando fino a questo momento di procedere con una formale denuncia per violazione delle normative internazionali, presso le competenti istanze europee.
Un invito a dialogare e a trovare un accordo venne dal commissario europeo per l'ambiente, lo sloveno dottor Janez Potočnik, ma nulla fermò le procedure di ubicazione e realizzaziome che il rigassificatore di Zaule aveva imboccato.
E si arriva ai giorni nostri in cui il via definitivo alle ruspe pare oramai imminente. Dipende solo dal Consiglio regionale. Ma grazie a Dio - si, contesto anch'io i due progetti - il cambio della guardia al comune di Trieste, ovvero l'elezione del sindaco Cosolini e della nuova maggioranza consigliare, ridà fiato al fronte dei NO. Col predecessore Dipiazza c'era più accondiscendenza e i colleghi di Muggia e San Dorligo della Valle, Nesladek e Premolin, erano stati lasciati soli sulla sponda opposta. Ignorarli oggi, quando anche il capoluogo regionale abbassa il pollice, non è più così semplice, ne per Roma, ne per la Regione. Lo fa chiaramente capire il sucessore della Prestigiacomo, Corrado Clini.
Una nuova presa di coscienza a Trieste, una svolta di giudizio, riconducibili soprattutto all'agire del Tavolo tecnico che da qualche anno, raccolti i nomi più qualificati in regione per ogni singolo settore coinvolto, studia il caso. Recentemente, in un'assemblea a Muggia, ha presentato le proprie conclusioni e non ce n'è una che dia ragione alla Gas Natural e alla Endesa. Anzi. Quanto avverte e documenta è allarmante, per altro senza controargomentazioni convincenti.
Accentrando l'attenzione sull'impianto di Zaule ne dimostra l'assoluta pericolosità, assurdità e inaccettabilità.
Quattro le motivazioni di fondo: 
Primo punto chiave, la sicurezza pubblica che il rigassificatore metterebbe a repentaglio tramite i potenziali incidenti industriali a catena – il cosiddetto effetto domino – nel momento in cui si verificassero un incendio o un'esplosione innescati, accidentalmente o intenzionalmente (attentato) non importa, in una delle fasi della conversione del gas. Un'ipotesi inescludibile per quanto la Gas Natural si sforzi di dimostrare il contrario. E il raggio di impatto calcolato abbraccia tanto la zona residenziale circostante quanto tutta una serie di strutture industriali e portuali e non rientra in nessuno degli standard di sicurezza considerati e applicati altrove.
La seconda ragione del NO - l'incompatibilità del rigassificatore col porto e i suoi piani di sviluppo. Questi, per conservare concorrenzialità, abbisogna di mobilità e manovrabilità quanto più assoluta nelle sue acque, che diventano impossibili ad ogni singolo ingresso di metaniera. L'operazione, proprio perchè a forte rischio, avviene infatti sotto stretta sorveglianza militare e comporta fra l'altro anche la completa interdizione di navigazione per ogni altra nave in un'estesa fascia tutto intorno alla gasiera sino a  scarico completato. Si calcola un fermo del porto industriale di non meno di 220 giorni all'anno - due giorni per ognuna delle 110 gasiere programmate. Anche il nuovo terminal traghetti Aquilinia-Noghere nascerebbe morto, per non parlare della pesca e del turismo.
E alla pesca e al turismo, che non possono prescindere dallo stato di salute delle acque del golfo, si lega la terza motivazione di stop all'impianto. L'ampio utilizzo di cloro, sostanza altamente tossica, per sterilizzare le tubature di aspirazione dell'acqua usata nel processo di rigassificazione e la riimmissione nel bacino della stessa, espletato il compito di scongelamento del GNL, a temperatura molto piu bassa,  ucciderebbero col tempo, e neanche troppo in là, ogni biotopo presente in questo habitat. Parliamo di un bacino specifico che con la profondità che si ritrova e non supera i 22 metri, ha poco ricambio d'acqua. Se a tanto si aggiunge la movimentazione del fondale, generata così dall'aspirazione dell'acqua come pure dall'arrivo delle metaniere, il cui pescaggio rasenta il fondo, e il conseguente sollevamento del mercurio depositato, di cui  il fondale del golfo è intriso, il quadro è completo.
Non ultimo il discorso delle alternative a Zaule e al rigassificatore off shore cui il Tavolo tecnico e i politici del buon senso non si sottraggono. Anzi. Se anche si accetti la tesi che gli attuali canali di approvvigionamento per il futuro della regione e dell' intero Alto Adriatico non bastano e che neppure il south stream della russa Gasprom - il gasdotto che fra qualche anno porterà il metano dalla Russia e dall'Asia centrale all'Europa scavalcando la dispettosa Ucraina, non soddisfacerà il fabbisogno metanifero dell'area, si indicano nella nuova generazione di gasiere con rigassificatore a bordo e nei sistemi di prelievo del gas in mare aperto - impianti mobili di dimensioni irrilevanti - le risposte più appropriate. Tecnologie note e in uso da anni in molti paesi consapevoli dei rischi dei rigassificatori classici e peraltro molto meno costose. Il professor Giorgio Trincas, docente di ingegneria navale all'Università di Trieste - e non si sentono smentite - calcola per la costruzione del rigassificatore di Zaule con strutture annesse e connesse, una spesa di poco inferiore al miliardo di euro, mentre l'acquisto di due metaniere dell'ultima generazione e della boa di prelievo con conduttura sino alla costa non verrebbe a costare più di 600 milioni. Tutto ovviamente a pari quantità e tempi di rigassificazione e immissione nella rete di distribuzione.
Suo appello finale, condiviso anche dal sottoscritto, il coinvolgimento in questo progetto, qualora non se ne potesse proprio fare a meno, anche della Slovenia e della Croazia, i cui interessi e le preoccupazioni per le sorti dell'alto Adriatico e del Golfo di Trieste l'Italia non ha il diritto si ignorare.














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