lunedì 10 febbraio 2020

Pismo Matterelli



LETTERA APERTA
al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella


Spettabile signor presidente,

A scriverle e' un connazionale, uno dei cosiddetti »rimasti«, o meglio uno dei »nati dopo«, un cittadino sloveno di nazionalita' italiana, nato a Pola dopo che dalla conclusione della seconda guerra mondiale e dalla liberazione dal Nazifascismo erano passati 4 anni. Da padre friulano, partigiano e comunista, madre croata, anche lei attiva nella lotta partigiana in Istria.
Oggi 70enne, da 68 anni Capodistriano, in pensione dal 2009, ricordo i miei 40 anni di lavoro, principalmente come giornalista di Radio e TV Capodistria e poi come primo sindaco italiano di Capodistria dopo il ’45, per 7 anni a partire dai giorni che anticiparono l'indipendenza slovena, nonché' nei successivi 20 anni, fino al pensionamento, in tre legislature parlamentare nazionale e per un breve periodo anche europeo.
Da attivista della comunità' italiana, poi giornalista e politico mi sono trovato, volente o no, ad inoltrarmi nelle vicende storiche della mia regione e del mio gruppo nazionale, scontrandomi con negazionismi su esodo e foibe ma piu' spesso con esagerazioni e revisionismo storico. Nel 1988, in qualità' di presidente della Comunita' degli Italiani di Capodistria, organizzammo con Gruppo 88, un gruppo di intellettuali italiani, sloveni e croati fuori dagli schemi del regime, una conferenza che fece storia, perché smantello' e rimosse i tabù' che gravavano su esodo e foibe: »Gli Italiani in Jugoslavia ieri, oggi e domani«, e che contribuì' ad un riavvicinamento fra »andati« e »rimasti«. Nell'allora funzione conobbi e detti il benvenuto a tanti esponenti degli esuli che invitai a cooperare coi noi, a raccontarci anche lo loro verità', ma non a ridiscutere quanto era stato fatto negli anni del dopoguerra per riappacificare popoli e genti e dare una prospettiva ai rapporti fra i nostri due paesi. Penso in primo luogo agli accordi di Osimo. 
Visto che non tutti colsero questo invito, ma anzi sfruttarono la mia buona fede per riaprire le ferite del passato imputando tutte le colpe alla Jugoslavia, agli Slavi e al comunismo e che le esagerazioni, manipolazioni e strumentalizzazioni su esodo e foibe continuavano e si moltiplicavano, salutai nel 1993 lo scambio di note fra i ministeri degli esteri di Italia e Slovenia in cui si concordava l'istituzione di una commissione storico-culturale mista italo-slovena che approfondisse tutti gli aspetti più' rilevanti nella storia delle relazioni politiche e culturali fra i due popoli nel periodo più' discusso, ovvero dal 1880 al 1956, e desse loro un quadro di verità' accertata, comprovata e condivisa. Chi scommetteva in un salto di qualità' dei rapporti bilaterali, del buon vicinato, della creativa convivenza fra i due popoli, credeva che la relazione di codesta commissione, pubblicata dopo 7 anni di lavoro, nel 2000, fosse fatta propria dalle rispettive istituzioni nazionali, in primis da governi, che entrasse nelle scuole, nei libri di testo, nel processo di insegnamento del nostro passato e disarmasse i malintenzionati, coloro che preferivano continuare ad alimentare ostilità' nei confronti del vicino, nelle loro interpretazioni storpiate, fuorvianti e strumentali di quel difficile e drammatico periodo, incominciato - non lo si dimentichi - col fascismo e l'occupazione italiana di terre che non erano solo italiane e concluso con le foibe e l'esodo.
Aspettative deluse in pieno. A prendere per buona la relazione storica solo la parte slovena, a ignorarla del tutto quella italiana, e con la proclamazione nel 2004 della legge sul Giorno del ricordo, il via ad una retorica ancor più' pesante e lesiva della verità' storica e non solo nei discorsi commemorativi delle associazione degli esuli, ma anche in quelli dei rappresentanti ufficiali dello stato.
Così' leggo oggi anche il suo ultimo messaggio. Non un riferimento a chi genero' e alimento' l'avversione e l'odio degli uni contro gli altri, e non furono certamente i comunisti jugoslavi o i partigiani di Tito i primi a farlo, e neanche una parola di richiamo a leggere e divulgare la relazione storica italo-slovena. Non discuto che dichiariate le foibe una sciagura nazionale, potete proclamarla anche per un solo infoibato, e' nel vostro diritto e puo' esserlo nella percezione nazionale, il problema e' che chi ne parla nelle manifestazioni del ricordo, da' loro dimensioni numeriche spropositate, come lo fa con l'esodo, le sdogana dal contesto che le precedette e tutto questo non fa che alimentare il baratro con l'altra parte. A Trieste abbiamo sentito di recente che sarebbero stati terroristi jugoslavi a incendiare la Casa del popolo slovena, e non invece, come da molte testimonianze dirette, fascisti con la complicita' dei carabinieri locali.
Critica, signor presidente, il negazionismo su quanto avvenuto in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, fascismo e occupazione italiana compresi? Se cosi' e', mi fermo qua e condivido le sue parole. Se si riferisce invece solo alle foibe e all'esodo, allora completo la sua frase in cui dichiara come il vero avversario da battere, piu' forte e insidioso, sia quello dell'indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi, storia ed eventi che gli storici italiani e sloveni della commissione storico-culturale mista ci raccontano nella chiave più' compiuta e veritiera possibile e che nel Giorno del ricordo nessuno e' nel diritto di ignorare.

Con ossequi
Aurelio Juri

Capodistria, 10 febbraio 2020


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