LETTERA AGLI AMICI ISTRIANI
Cari amici Istriani
A Bruxelles dissi, e lo feci
pubblicamente, unico fra gli europarlamentari »sloveni«, al mio amico e leader
di partito Borut Pahor, allora gia' anche primo ministro, che non era giusto
bloccare la Croazia sulla porta d'ingresso nell'Unione europea perche' non ci
concedeva il confine che piaceva a noi.
Erano 17 anni che i nostri due paesi non
riuscivano a mettersi d'accordo sul come e dove picchettare quella cinquantina
di chilometri di frontiera che dalla proclamazione delle rispettive
indipendenze erano rimasti senza una tracciatura chiara e condivisa. Il nodo
piu' grosso, nel Golfo di Pirano che la Slovenia voleva mantenere proprio per
intero, cosi' come l'aveva gestito sotto la Jugoslavia, con tanto di accesso
diretto all'Adriatico internazionale, la Croazia invece ne voleva la meta'
perché' vi sfociava col Dragogna anche il confine terrestre. 17 anni di
negoziati infruttuosi che solo nel 2001 si erano avvicinati ad una soluzione
piu' o meno ottimale – l'accordo Drnovšek-Račan, che per una manciata di
consensi aveva convinto il parlamento sloveno, non invece, purtroppo, quello
croato. Rammento che a suggerirla (golfo diviso a ¾ con un corridoio di
contatto diretto del mare sloveno con quello internazionale) eravamo stati 6
anni prima da un incontro ad Isola, un sestetto di amici in formale
rappresentanza dei due pezzi d'Istria – per quella »croata«, Ivan Jakovčič,
Damir Kajin e Axel Luttemberger, per il versante »sloveno«, Mario Gasparini,
Franko Fičur e il sottoscritto.
Insomma, fallito il compromesso
Drnovšek-Račan, poi non ci sono stati altri momenti di riavvicinamento.
Anzi, come ben sappiamo, si son create
solo lacerazioni, situazioni di scontro, tensione, incertezza. Tanti gli
incidenti e le provocazioni nel golfo e anche lungo il confine terrestre e non
un episodio solo ove per un pelo si e' evitato il peggio.
Ma nel 2004 alla Slovenia si
spalancarono le porte dell'Unione europea e della NATO. »Adesso si' che la
Croazia si ammorbidirà e acconsentira' alle nostre rivendicazioni« - ci disse
al Comitato esteri del parlamento sloveno, il nostro capo diplomazia Dimitrij
Rupel. Gli manifestai i mie dubbi e proposi anzi di vedere con la controparte
se non fosse meglio lasciare che a deliberare sul confine fosse un terzo,
un'istanza di giudizio internazionale, o un tribunale ordinario, o meglio
ancora un arbitrato apposito, ad hoc. Dalla risposta del ministro e dalle
reazioni degli altri, mi sentii come se avessi sparato una cazzata. Eppure ne
ero convinto, che da sole Slovenia e Croazia non avrebbero fatto altro che
complicarsi la vita, o peggio, complicare la vita delle proprie genti.
Il mio NO dunque a Pahor quando
nell'autunno 2008 annuncio' a Bruxelles di fermare le trattative di ammissione
della Croazia nell'UE. Lo avevo appena sostituito al Parlamento europeo dopo
che era stato chiamato a casa a presiedere il governo.
Era ingiusto, un gesto di ricatto
politico che non avrebbe fatto che peggiorare i rapporti e le prospettive di
soluzione del nodo frontaliero, incattivendo gli animi anche nel resto
d'Europa. E credevo ancora nelle buone, oneste e sincere intenzioni croate di
addivenire ad un accordo.
Fu la Commissione europea, il commissario
per l'allargamento Olli Rehn, a proporre l'arbitrato che finalmente, dopo una
serie di approcci e formule diverse, tentennamenti e rifiuti, nonche' ore e ore
di pazienti trattative, fece presa e guadagno' la firma dei due premier, di
Pahor e della signora Jadranka Kosor. Era il 4 novembre del 2009.
Controfirmatario e garante il presidente di turno del Consiglio europeo, il
premier svedese Fredrik Reinfeldt. Con la firma si sollevava ogni riserva
slovena all'ingresso della Croazia nell' UE.
Ne fui entusiasta!
Ma oggi? Sapendo come si sarebbero messe
le cose, vedendo la Croazia riproporsi contraria, cosi' come nei confronti del
tentativo Drnovšek-Račan, anche all'arbitrato, quindi ad un atto formale,
giuridico, sfornato dopo 7 anni di processo e milioni di euro di spesa, da un
tribunale arbitrale di 5 eminenti giudici stranieri, col pieno avvallo della
Commissione europea, ridirei a Pahor NO?
Non me ne vogliate, ma nei confronti di
chi governa a Zagabria, sia esso Plenkovič oppure il »compagno« Milanovič, non
nutro piu' un briciolo di fiducia e speranza e se oggi risentiamo il nostro
ministro degli esteri Karl Erjavec minacciare la Croazia di tenerla fuori
Schengen, Euro e OECD fintanto che non accettera' e applicherà' la sentenza
arbitrale e quindi mostrera' rispetto per un atto di diritto, mi e' difficile
contestarlo. L'unico appunto che gli posso fare e' che queste cose una
diplomazia seria, competente e responsabile non le dice ad alta voce, ne tanto
meno in pubblico.
Che non ci sia alternativa alla soluzione
decisa dagli arbitri lo ammette, fra i vostri politici di spicco, solo l'amico
Jakovčič, che anzi vede rispecchiarsi in essa pressoché' tutti gli interessi
croati, quindi una sentenza da accettare e applicare da subito.
Non lasciatelo solo, cari amici
Istriani! Una voce corale e compatta dall'Istria, dal territorio ove più' si
consuma e soffre il dramma frontaliero, potrebbe indurre Zagabria a ripensarci.
Quasi da subito pesca senza confini per umaghesi e piranesi da Lazzaretto a
Orsera e fra un anno in Schengen anche voi. Le antipatie fra i politici si
rimargineranno strada facendo o col loro ricambio.
Con speranza....
Aurelio Juri, ex sindaco di Capodistria
nonche parlamentare sloveno ed europeo
Capodistria, 11.1.2018
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