Potem ko sem znova slišal, tokrat iz ust predsednice italijanske vlade Giorge Meloni in župana Trsta Roberta Dipiazze, enostransko in popačeno pripoved o fojbah in eksodusu Istranov, sem jima poslal tale zapis. Je pa berljiv le za one, ki obvladajo kolikor toliko itaijanščino.
Il Giorno del Ricordo? Si, ma spesso lacunoso e forviante!
Da 25 anni la Nato avanza verso i confini russi, ma la Russia non ci sta.
Si sente minacciata. Così come provarono gli Stati Uniti nel 1962 quando
l'Unione Sovietica fece inversamente altrettanto, portando a Cuba vettori a
testate nucleari. E come allora il presidente americano Kennedy intimo'
all'omologo sovietico Hruščev di ritornare sui propri passi, ovvero di
riportare i missili a casa, pena una risposta armata anche atomica, Putin
risponde oggi a Biden e a tutti i suoi alleati euroatlantici NO, l' l'Ucraina
non ve la do! E da due anni sul fronte ucraino si muore anche per mano Nato che
armando la resistenza ucraina continua a scommettere sulla sconfitta russa.
In barba a tutte le risoluzioni ONU, Israele occupa da 76 anni la
Palestina. L'unico braccio armato dei Palestinesi, Hamas, ritenendosi chiamato
a far qualcosa, il 7. ottobre scorso penetra in Israele e massacra 1200 civili,
ebrei e stranieri. La risposta israeliana e' brutale. Da quel giorno,
Israele di civili palestinesi ne stermina 28 mila di cui 3/4 sono donne e
bambini e nessuno fra coloro che potrebbero far qualcosa (USA e Unione Europea
in primis) fa niente per fermarlo. Il massacro continua. Tante belle parole a
difesa del diritto internazionale e umanitario, di quello dei Palestinesi ad
avere un proprio stato, qualche richiamo all'esercito israeliano a ridurre i
danni collaterali nell'offensiva contro Hamas, ovvero ad ammazzare un po' meno,
ma nessuna condanna del suo agire, né tantomeno proposte di sanzioni nei
confronti del governo Netanyahu, condanne e sanzioni che senza remore
l'Occidente sparo' da subito contro la Russia dopo l'attacco all'Ucraina. Non
si dimentichi, che le forze di occupazione russe hanno ucciso in due anni 2
volte meno civili ucraini (neanche 14 mila) e 5 volte meno bambini (2 mila),
cifre comunque raccapriccianti, di quanto abbia fatto Israele in 4 mesi contro
la popolazione palestinese a Gaza.
Oltre 100 anni fa il fascismo incominciava a far sentire i propri artigli
anche nei territori conquistati e colonizzati dell'Italia dopo la prima guerra
mondiale fra i quali quelli slavi ad est dell' Adriatico. Ne fecero le spesei,
fra i popoli sottomessi in quanto considerati inferiori, soprattutto gli
sloveni e i croati. Prima da solo, poi col nazismo, sottopose queste
popolazioni ad oltre 2 decenni di tirannia, sofferenze, soprusi, intimidazioni,
torture, deportazioni e morti, non ultimo alla rinuncia o alla cancellazione
dell'identità nazionale. Fino alla capitolazione dell'Italia nel 1943, quando
il dominio repressivo passo ai nazisti. Altri due anni di lotta popolare di
liberazione, combattuta dall'esercito di Tito, e la seconda guerra
mondiale si spense pure sul territorio jugoslavo.
Come altrove in Europa, ove piu' ove meno, anche in Dalmazia, a Fiume e in
Istria, dove la presenza italiana precede di molto l'avvento del fascismo,
risalendo ai tempi di Roma e della Serenissima, si scateno' un periodo di
rivalsa, ritorsioni e vendette dei vincitori sui vinti. Lo subirono più di
tutti gli italiani residenti nelle suddette regioni, sia coloro cui il fascismo
stava bene e vi si erano compromessi, sia gli altri che con esso non avevano
nulla a che fare o l'avevano addirittura combattuto. Ma se non erano passati ai
partigiani, e non avevano giurato fedelta' al nuovo regime, rimanevano solo
»italiani« di cui non fidarsi. Da qui nascono le deprecabili vicende
delle foibe e dell'esodo.
Ma perche' questo abbinamento fra Ucraina, Gaza e i drammi del Giorno del
Ricordo? Per ricordare nuovamente a tutti che esiste una regola assoluta nella
fisica e cioè che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria,
ma che nel comportamento umano puo' esser si contraria ma non
necessariamente uguale, ovvero peggiore, e che sono pochi i Mahatma Ghandi o
coloro che amano porgere l'altra guancia.
E' giusto ricordare le vittime delle foibe e ogni singola sofferta storia
di vita degli italiani ma non solo di loro, che subirono i soprusi, i
maltrattamenti e la morte per mano di bande o singoli partigiani accecati
dall'odio e da una irresistibile bisogno di vendetta, e' giusto ricordare la
dolorosa opzione se rimanere e accettare il nuovo regime o espatriare e crearsi
una domus altrove, nonché ogni singolo dramma che accompagno' l'esodo, ma non
e' onesto farlo senza menzione alcuna del contesto storico in cui tutto questo
avvenne e soprattutto ignorando o sottacendo le responsabilita' del fascismo.
In questo senso, l'unico corretto e' stato quest'anno il presidente della
Repubblica italiana, Sergio Mattarella.
E poi lo si deve fare, quando si raccontano le dimensioni del dramma,
soprattutto nei libri di testo, nei massimi correttezza e rigore storici. Non
puo' concedersi, il sindaco di Trieste di farneticare alla foiba di Basovizza
sui »350 mila italiani di Istria, Fiume e Dalmazia, braccati dagli assassini
comunisti titini e costretti ad abbandonare tutto per salvarsi la vita«. Non si
possono inventare cifre, episodi e racconti. Chi lo fa in chiave pouplista,
nazionalista ed esclusivista alimenta odio fra le nostre genti. Ancor peggio se
lo fa in malafede.
Esiste un riferimento attendibile di quanto avvenne in quegli anni – la
Relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena sui rapporti fra i
due popoli nel periodo piu' sofferto, ovvero dal 1880 al 1956. Datata 25 luglio
2000. La si era voluta e concordata, questa operazione, anni prima dai
rispettivi governi, appunto per convergere su una verita' storica quanto piu'
obiettiva, accertata, comprovata, documentata e condivisa, proprio per evitare
i vari Dipiazza. E nell'accordo fra i ministeri degli esteri si era convenuto
di ufficializzarla, questa relazione, quando fosse stata completata e redatta,
di divulgarla, renderla pubblica nonche' materia di studio e insegnamento.
L'ha fatto solo la parte slovena. Perche' quella italiana no e la tiene nel
cassetto ben chiuso da 24 anni? La considero una decisione in mala fede. E non
incolpo solo il governo della Meloni. Anche tutti i precedenti e soprattutto
chi stipulò l'accordo sulla costituzione della menzionata commissione mista e
non lo onoro' fino in fondo, ovvero non si dette da fare perche' fosse onorato.
Un' ultima annotazione ai signori del Giorno del Ricordo. Con le foibe e
l'esodo non si cancellò per nulla l'identità culturale italiana nei territori
contrassegnati dai due drammi. Se ne ridusse fortemente il quadro demografico,
la dimensione umana, ma l'italiano come lingua e primo fattore identitario
sopravvisse.
Ne siamo eredi, fruitori, beneficiari, interpreti, cultori e divulgatori i
cosiddetti »rimasti«, si, una comunita' di italiani, autoctoni o immigrati
relativamente esigua, ma tutelata nei suoi diritti linguistici ed etnici come
nessun'altra minoranza nazionale al mondo e non per volere dei nuovi
ordinamenti democratici sloveno e croato varati con la nascita delle due nuove
repubbliche indipendenti e sovrane nel 1991, ma per volere o disponibilita',
ovviamente anche di accordi internazionali, dell'ex »regime Titino«. E' dalla
costituzione federale del 1974 che la minoranza italiana in Slovenia come pure
quella in Croazia, con sfumature diverse, gode del doppio diritto di voto, di
rappresentanze garantite nelle sedi decisionali a livello locale e
nazionale (Consiglio municipale e Camera di stato) del bilinguismo nella
toponomastica e nella denominazione delle sedi istituzionali sul territorio di
insediamento storico, dell'insegnamento obbligatorio dell'italiano nelle scuole
della maggioranza slovena e dello sloveno nelle proprie, dell'autogestione
delle proprie istituzioni politiche, culturali, economiche e altre. Faccia
altrettanto l'Italia o per lo meno il Friuli Venezia Giulia con le proprie
minoranze slovena e friulana. Eleggano Trieste e Gorizia due sindaci sloveni
come fecero Capodistria e Isola nel sceglierne due italiani.
L'identità culturale italiana e' presente e come, in Istria e a Fiume.
Forse un tantino meno in Dalmazia, ma anche li l'Unione degli Italiani si sta
dando da fare perche' quella che c'e' non si spenga, anzi rinfocoli.
Le cose vanno dette cosi' come stanno, non come piacerebbe a noi stessero!
Aurelio Juri, ex sindaco di Capodistria, ed ex parlamentare sloveno ed
europeo
Capodistria, 11.2.2024
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