LETTERA APERTA
al presidente della Repubblica
italiana, Sergio Mattarella
Spettabile signor presidente,
A scriverle e' un connazionale, uno
dei cosiddetti »rimasti«, o meglio uno dei »nati dopo«, un cittadino sloveno di
nazionalita' italiana, nato a Pola dopo che dalla conclusione della seconda
guerra mondiale e dalla liberazione dal Nazifascismo erano passati 4 anni. Da
padre friulano, partigiano e comunista, madre croata, anche lei attiva nella
lotta partigiana in Istria.
Oggi 70enne, da 68 anni
Capodistriano, in pensione dal 2009, ricordo i miei 40 anni di lavoro,
principalmente come giornalista di Radio e TV Capodistria e poi come primo
sindaco italiano di Capodistria dopo il ’45, per 7 anni a partire dai giorni
che anticiparono l'indipendenza slovena, nonché' nei successivi 20 anni, fino
al pensionamento, in tre legislature parlamentare nazionale e per un breve
periodo anche europeo.
Da attivista della comunità'
italiana, poi giornalista e politico mi sono trovato, volente o no, ad
inoltrarmi nelle vicende storiche della mia regione e del mio gruppo nazionale,
scontrandomi con negazionismi su esodo e foibe ma piu' spesso con esagerazioni
e revisionismo storico. Nel 1988, in qualità' di presidente della Comunita'
degli Italiani di Capodistria, organizzammo con Gruppo 88, un gruppo di
intellettuali italiani, sloveni e croati fuori dagli schemi del regime, una
conferenza che fece storia, perché smantello' e rimosse i tabù' che gravavano
su esodo e foibe: »Gli Italiani in Jugoslavia ieri, oggi e domani«, e che contribuì' ad un riavvicinamento fra »andati« e »rimasti«. Nell'allora funzione
conobbi e detti il benvenuto a tanti esponenti degli esuli che invitai a
cooperare coi noi, a raccontarci anche lo loro verità', ma non a ridiscutere
quanto era stato fatto negli anni del dopoguerra per riappacificare popoli e
genti e dare una prospettiva ai rapporti fra i nostri due paesi. Penso in primo
luogo agli accordi di Osimo.
Visto che non tutti colsero questo
invito, ma anzi sfruttarono la mia buona fede per riaprire le ferite del
passato imputando tutte le colpe alla Jugoslavia, agli Slavi e al comunismo e
che le esagerazioni, manipolazioni e strumentalizzazioni su esodo e foibe
continuavano e si moltiplicavano, salutai nel 1993 lo scambio di note fra i
ministeri degli esteri di Italia e Slovenia in cui si concordava l'istituzione
di una commissione storico-culturale mista italo-slovena
che approfondisse tutti gli aspetti più' rilevanti nella storia delle
relazioni politiche e culturali fra i due popoli nel periodo più' discusso,
ovvero dal 1880 al 1956, e desse loro un quadro di verità' accertata,
comprovata e condivisa. Chi scommetteva in un salto di qualità' dei rapporti
bilaterali, del buon vicinato, della creativa convivenza fra i due popoli,
credeva che la relazione di codesta commissione, pubblicata dopo 7 anni di
lavoro, nel 2000, fosse fatta propria dalle rispettive istituzioni nazionali,
in primis da governi, che entrasse nelle scuole, nei libri di testo, nel
processo di insegnamento del nostro passato e disarmasse i malintenzionati,
coloro che preferivano continuare ad alimentare ostilità' nei confronti del
vicino, nelle loro interpretazioni storpiate, fuorvianti e strumentali di quel
difficile e drammatico periodo, incominciato - non lo si dimentichi - col
fascismo e l'occupazione italiana di terre che non erano solo italiane e
concluso con le foibe e l'esodo.
Aspettative deluse in pieno. A
prendere per buona la relazione storica solo la parte slovena, a ignorarla del
tutto quella italiana, e con la proclamazione nel 2004 della legge sul Giorno
del ricordo, il via ad una retorica ancor più' pesante e lesiva della verità'
storica e non solo nei discorsi commemorativi delle associazione degli esuli,
ma anche in quelli dei rappresentanti ufficiali dello stato.
Così' leggo oggi anche il suo ultimo
messaggio. Non un riferimento a chi genero' e alimento' l'avversione e l'odio
degli uni contro gli altri, e non furono certamente i comunisti jugoslavi o i
partigiani di Tito i primi a farlo, e neanche una parola di richiamo a leggere
e divulgare la relazione storica italo-slovena. Non discuto che dichiariate le
foibe una sciagura nazionale, potete proclamarla anche per un solo infoibato,
e' nel vostro diritto e puo' esserlo nella percezione nazionale, il problema e'
che chi ne parla nelle manifestazioni del ricordo, da' loro dimensioni
numeriche spropositate, come lo fa con l'esodo, le sdogana dal contesto che le
precedette e tutto questo non fa che alimentare il baratro con l'altra parte. A
Trieste abbiamo sentito di recente che sarebbero stati terroristi jugoslavi a
incendiare la Casa del popolo slovena, e non invece, come da molte
testimonianze dirette, fascisti con la complicita' dei carabinieri locali.
Critica, signor presidente, il negazionismo
su quanto avvenuto in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, fascismo e occupazione
italiana compresi? Se cosi' e', mi fermo qua e condivido le sue parole. Se si
riferisce invece solo alle foibe e all'esodo, allora completo la sua frase in
cui dichiara come il vero avversario da battere, piu' forte e insidioso, sia
quello dell'indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono
spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi, storia ed
eventi che gli storici italiani e sloveni della commissione storico-culturale
mista ci raccontano nella chiave più' compiuta e veritiera possibile e che nel
Giorno del ricordo nessuno e' nel diritto di ignorare.
Con ossequi
Aurelio Juri
Capodistria, 10 febbraio 2020
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