Kaj sem si mislil o poskusih podrejanja medijev določenim ne nujno javnim interesom tudi v lokalnem prostoru...
24.06.2013 - objavljen komentar "Zgledi vlečejo"
Ko je bil Gregor Virant še predsednik Državnega zbora in v koaliciji, ki je suportirala zadnjo vlado Janeza Janše, tam proti koncu 2012, si je dovolil arbitrirat pri neki opozicijski referendumski pobudi ("državni Holding" in "slaba Banka") tako da jo je onemogočil.
2.10.2012 - objavljen komentar "Virantova vojna"
Kot sodelavec Čezmejnega Tehničnega Omizja o uplinjevalnikih zemeljskega plina v Tržaškem zalivu sem prispeval k ozaveščanju javnosti tako pri nas kot v soseščini o posledicah in nevarnostih postavitve tvrstnih terminalov na okolje in varnost ljudi.
Ecco, parecchio abbiamo detto e scritto, e con cio' contribuito ad una svolta di opinione, soprattutto a Trieste e nel Friuli Venezia Giulia, circa l'utilita' e l'affidabilita' dei rigassificatori di GNL nel Golfo di Trieste...
20.04.2012 - objavljeno poročilo "Plinski terminali prispeli v Zagreb"
20.12.2012 - intervento ad un incontro a Trieste sul tema rigassificatori
28.12.2012 - riflessione sul ruolo della Slovenia rispetto ai rigassificatori
16.10.2013 - objavljen komentar o nadaljevanju zgodbe uplinjevalnikov
E infine un articolo sulla rivista Il Caosmanagement nell'agosto 2012
Cresce
il no ai rigassificatori nel golfo di Trieste
di
Aurelio Juri
Il
gas metano lo conosciamo tutti. Lo si usa in cucina, nel riscaldamento, muove
automobili e industrie. Dai luoghi in cui si estrae lo si fa giungere ai
mercati di fruizione tramite gasdotto, oppure con apposite navi. L' opzione
metaniere o gasiere, così si chiamano, comporta nel porto di carico la
liquefazione del gas con un processo di congelamento detto criogenico, ovvero a
meno 161 gradi, che ne riduce il volume di 600 volte e ne consente il
trasporto. Così mutato assume il nome di GNL, ovvero Gas naturale liquefatto.
Arrivato a destinazione subisce il processo inverso e, ritornato aeriforme,
viene immesso nelle condotte della rete di distribuzione. Diciamo subito che è
il combustibile fossile più rispettoso dell' ambiente. Produce l' 80% in meno
di emissioni nocive nell' atmosfera ed è quindi un'alternativa importante nella
lotta all'effetto serra e agli altri grossi problemi ambientali che il mondo soffre.
Quindi
un deciso SI all'uso del metano che si converte però in un NO altrettanto
convinto nel momento in cui, coi suoi processi di trasformazione e trasporto,
assurge a minaccia, tanto per l'ambiente stesso che vuole proteggere, quanto
per le popolazioni che vuole riscaldare e far muovere. Manipolarlo, scongelarlo
e riportarlo gas non è cosa da poco. E' un processo ad alto rischio per cui
nelle realtà a maggior sviluppo, coscienza ed esperienza lo tengono lontano
dalle zone abitate e ambientalmente fragili.
Di
impianti di conversione del metano da liquido in gas - i rifassificatori, se ne
conoscono diversi tipi, la rigassificazione avviene comunque, nelle tecnologie
più frequenti, riscaldando il GNL con l' acqua di mare.
Lo
si fa in strutture fisse collocate sulla costa, laddove le gasiere possono
approdare, oppure al largo, in mare aperto. Dal punto di vista della sicurezza
è la seconda - l'opzione off shore, quella a minor rischio e impatto
ambientale. Ma quando si vuole portare un rigassificatore in un bacino
densamente popolato e con poco ricambio d'acqua il discorso cambia e
l'intenzione rasenta il crimine.
E'
il caso del Golfo di Trieste dove due multinazionali spagnole, la Gas Natural e
l'Endesa, si son messe in testa di impiantare ognuna il proprio terminal. La
prima nella località di Zaule, nella baia di Muggia, ad un tiro di schioppo
dalla zona residenziale di Servola, dalla ferriera e dal porto di Trieste, la
seconda in mezzo all'omonimo golfo, a qualche centinaio di metri dal confine
con la Slovenia.
Entrambi i progetti – ma topico della discussione in corso è l'on shore di
Zaule che in termini di formalità su carta è quello nella fase più avanzata e
quindi prossima alla realizzazione - godono del sostegno sia del governo
italiano che della Regione Friuli Venezia Giulia, mentre ad opporvisi sono i
comuni interessati - Trieste, Muggia e San Dorligo della Valle specie per
quanto riguarda il sito di Zaule che appartiene, si, a Trieste, ma incide
direttamente anche sui due dirimpettai, poi le organizzazioni ambientaliste,
prima fra tutte Alpe Adria Green che non smette di avvertire e dimostrare come
la documentazione progettuale sia carente, incongruente e forviante, nonchè la
Slovenia il cui territorio rientra così pure nel perimetro a rischio,
espressamente il comune di Capodistria e l'intero mare sloveno che del golfo di
Trieste ne è una piccola parte.
I
sostenitori si richiamano all'indispensabilità di potenziare e diversificare i
canali di approvvigionamento di metano nonchè alle nuove opportunità
occupazionali e di sviluppo del territorio che i rigassificatori produrrebbero.
Quanto ai rischi - dicono - le nuove tecnologie e l'alta professionalità nella
gestione degli impianti, li rendono irrisori.
Se
ne seppe, dell'idea di impiantare i due terminal, circa sette anni fa, e le
prime perplessità e paure mosse dagli ambientalisti indussero ad occuparsene
anche il parlamento sloveno. Interpellate le migliori menti reperite in casa,
Istituto »Jožef Štefan« in testa, circa i rischi di quanto si stava progettando
oltre confine per l'ambiente e la sicurezza del territorio nazionale e
incassato un quadro disastroso, la Camera di stato incaricò il governo di far
valere presso quello italiano le ragioni del NO sloveno nella valutazione di
impatto ambientale transfrontaliero. Un'iter, quello del VIA transfrontaliero,
per altro previsto in questi casi da una serie di convezioni internazionali e
direttive europee. Si aprì un negoziato che però risultò da parte italiana più
di cortesia che altro. Per il ministro dell'ambiente dell'epoca, signora
Prestigiacomo, Zaule andava avanti comunque. Ma accettando di sentire le
ragioni slovene, il governo Berlusconi smussò i toni della vertenza e Lubiana
sul caso allentò la morsa, rinunciando fino a questo momento di procedere con
una formale denuncia per violazione delle normative internazionali, presso le
competenti istanze europee.
Un invito a dialogare e a trovare un accordo venne dal commissario europeo per
l'ambiente, lo sloveno dottor Janez Potočnik, ma nulla fermò le procedure di
ubicazione e realizzaziome che il rigassificatore di Zaule aveva imboccato.
E si arriva ai giorni nostri in cui il via definitivo alle ruspe pare oramai
imminente. Dipende solo dal Consiglio regionale. Ma grazie a Dio - si, contesto
anch'io i due progetti - il cambio della guardia al comune di Trieste, ovvero
l'elezione del sindaco Cosolini e della nuova maggioranza consigliare, ridà
fiato al fronte dei NO. Col predecessore Dipiazza c'era più accondiscendenza e
i colleghi di Muggia e San Dorligo della Valle, Nesladek e Premolin, erano
stati lasciati soli sulla sponda opposta. Ignorarli oggi, quando anche il
capoluogo regionale abbassa il pollice, non è più così semplice, ne per Roma,
ne per la Regione. Lo fa chiaramente capire il sucessore della Prestigiacomo,
Corrado Clini.
Una nuova presa di coscienza a Trieste, una svolta di giudizio, riconducibili
soprattutto all'agire del Tavolo tecnico che da qualche anno, raccolti i nomi
più qualificati in regione per ogni singolo settore coinvolto, studia il caso.
Recentemente, in un'assemblea a Muggia, ha presentato le proprie conclusioni e
non ce n'è una che dia ragione alla Gas Natural e alla Endesa. Anzi. Quanto
avverte e documenta è allarmante, per altro senza controargomentazioni
convincenti.
Accentrando l'attenzione sull'impianto di Zaule ne dimostra l'assoluta
pericolosità, assurdità e inaccettabilità.
Quattro
le motivazioni di fondo:
Primo
punto chiave, la sicurezza pubblica che il rigassificatore metterebbe a
repentaglio tramite i potenziali incidenti industriali a catena – il cosiddetto
effetto domino – nel momento in cui si verificassero un incendio o
un'esplosione innescati, accidentalmente o intenzionalmente (attentato) non
importa, in una delle fasi della conversione del gas. Un'ipotesi inescludibile
per quanto la Gas Natural si sforzi di dimostrare il contrario. E il raggio di
impatto calcolato abbraccia tanto la zona residenziale circostante quanto tutta
una serie di strutture industriali e portuali e non rientra in nessuno degli
standard di sicurezza considerati e applicati altrove.
La
seconda ragione del NO - l'incompatibilità del rigassificatore col porto e i
suoi piani di sviluppo. Questi, per conservare concorrenzialità, abbisogna di
mobilità e manovrabilità quanto più assoluta nelle sue acque, che diventano
impossibili ad ogni singolo ingresso di metaniera. L'operazione, proprio perchè
a forte rischio, avviene infatti sotto stretta sorveglianza militare e comporta
fra l'altro anche la completa interdizione di navigazione per ogni altra nave
in un'estesa fascia tutto intorno alla gasiera sino a scarico completato.
Si calcola un fermo del porto industriale di non meno di 220 giorni all'anno -
due giorni per ognuna delle 110 gasiere programmate. Anche il nuovo terminal
traghetti Aquilinia-Noghere nascerebbe morto, per non parlare della pesca e del
turismo.
E alla pesca e al turismo, che non possono prescindere dallo stato di salute
delle acque del golfo, si lega la terza motivazione di stop all'impianto.
L'ampio utilizzo di cloro, sostanza altamente tossica, per sterilizzare le
tubature di aspirazione dell'acqua usata nel processo di rigassificazione e la
riimmissione nel bacino della stessa, espletato il compito di scongelamento del
GNL, a temperatura molto piu bassa, ucciderebbero col tempo, e neanche
troppo in là, ogni biotopo presente in questo habitat. Parliamo di un bacino
specifico che con la profondità che si ritrova e non supera i 22 metri, ha poco
ricambio d'acqua. Se a tanto si aggiunge la movimentazione del fondale,
generata così dall'aspirazione dell'acqua come pure dall'arrivo delle
metaniere, il cui pescaggio rasenta il fondo, e il conseguente sollevamento del
mercurio depositato, di cui il fondale del golfo è intriso, il quadro è
completo.
Non ultimo il discorso delle alternative a Zaule e al rigassificatore off shore
cui il Tavolo tecnico e i politici del buon senso non si sottraggono. Anzi. Se
anche si accetti la tesi che gli attuali canali di approvvigionamento per il
futuro della regione e dell' intero Alto Adriatico non bastano e che neppure il
south stream della russa Gasprom - il gasdotto che fra qualche anno porterà il
metano dalla Russia e dall'Asia centrale all'Europa scavalcando la dispettosa
Ucraina, non soddisfacerà il fabbisogno metanifero dell'area, si indicano nella
nuova generazione di gasiere con rigassificatore a bordo e nei sistemi di
prelievo del gas in mare aperto - impianti mobili di dimensioni irrilevanti -
le risposte più appropriate. Tecnologie note e in uso da anni in molti paesi
consapevoli dei rischi dei rigassificatori classici e peraltro molto meno
costose. Il professor Giorgio Trincas, docente di ingegneria navale
all'Università di Trieste - e non si sentono smentite - calcola per la
costruzione del rigassificatore di Zaule con strutture annesse e connesse, una
spesa di poco inferiore al miliardo di euro, mentre l'acquisto di due metaniere
dell'ultima generazione e della boa di prelievo con conduttura sino alla costa
non verrebbe a costare più di 600 milioni. Tutto ovviamente a pari quantità e
tempi di rigassificazione e immissione nella rete di distribuzione.
Suo
appello finale, condiviso anche dal sottoscritto, il coinvolgimento in questo
progetto, qualora non se ne potesse proprio fare a meno, anche della Slovenia e
della Croazia, i cui interessi e le preoccupazioni per le sorti dell'alto Adriatico
e del Golfo di Trieste l'Italia non ha il diritto si ignorare.